“LA GIUSTIZIA DI AFRODITE”, JAMES HILLMAN

“LA GIUSTIZIA DI AFRODITE”, JAMES HILLMAN

Esplorare la natura di Afrodite esige rispetto.

Hillman introduce le pagine di questo libro con un’invocazione alla Grande Signora, esortandola a concedere al mondo ancora della Sua sensuale essenza, affinché permetta a tutti noi di scandagliarne significati e valori.

Chi è Afrodite?

Si sente bisbigliare sia la portatrice di dolci tentazioni che trasgrediscono l’ordine etico e, ahimè prescindono dalla giustizia. Tristemente ci accorgiamo che non abbiamo compreso l’immensa potenza della Dea. Così come abbiamo relegato i suoi fedeli seguaci quali poeti, amanti, musicisti, artigiani e pittori a un rango inferiore, quasi banale, di certo né morale né serio.

Ricordarne la potenza, fare appello alla Sua presenza crea trepidazione. La storia insegna quali tragiche conseguenze quando qualcuno a Lei si rivolge direttamente. La scelta di Paride, la punizione di Anchise, le sofferenze di Didone e Fedra. Così come a Lei consacrarsi può portare a diventare pazzi di gelosia, vanesi, maniacali e crudeli. L’invocazione non può che concludersi con la preghiera “Grande Signora, sii gentile con noi oggi”.

Anni fa Hillman proponeva una revisione della psicologia che poggiasse sui tre principi classici: bellezza, giustizia e destino.

La psicologia del passato non è stata certo generosa con la Dea, relegandola a qualche scompartimento come “il principio di piacere”, una via arcaica e primitiva di soddisfacimento, considerata quasi minacciosa per la vita dell’uomo. In seguito, lo studio accademico ha cercato di quantificarne gli effetti con i numeri delle statistiche, confinandola alla sola fisiologia.

La teologia ne ha distinto le sfaccettature in philia, charitas, eros e agape, per poi consegnare “l’Amore” a Gesù, un amore senza bellezza.

Gli psicoanalisti infine, riconoscono la potenza di Venere nelle patologie dell’amore, nella sua sterile assenza e nelle passioni che la terapia suscita: transfert e controtransfert.

Hillman si chiede: “ma dove è la bellezza nella psicologia? La psicologia esplora il cuore umano ignorando che il desiderio essenziale del cuore non è solo quello dell’amore ma anche quello della bellezza”.

La difficile relazione tra psicologia e bellezza discende in particolar modo da un problema della mente occidentale, dal dilemma fondamentale del cristianesimo che spacca in due il concetto classico di kalokagathòs, bellezza e bontà insieme, arrivando a considerare Afrodite una tentatrice immorale e non ammettendo che la moralità risiede anche nella bellezza.

Un antico presagio di questo infausto rapporto ci è stato tramandato dalla favola di Amore e Psiche, nel cuore delle Metamorfosi di Apuleio. In bellezza, Afrodite e Psiche sono rivali. L’ancella Psiche, dall’inaccessibile splendore, sarà soventemente maltrattata dalla Dea. E’ questa una realtà archetipica. Ma che cos’è la bellezza psichica, e perché mai Afrodite l’avverte come minaccia?

Quali differenze in queste bellezze?

Afrodite nasce dall’incontro di mare e cielo. Esiodo in Teogonia, narra che la Dea nacque prima delle altre divinità dell’Olimpo. Quando il titano Crono recise i genitali a Urano, li gettò in fondo al mare e il seme in essi contenuti si addensò in forma di schiuma e galleggiò fino a Cipro, ove Afrodite emerse dalle acque e dalla schiuma. Psiche invece nasce dalla terra e da una goccia di rugiada.

Afrodite ha un posto tra gli immortali sull’Olimpo, Psiche è terrena, ciò significa che la sua bellezza è visibile, comune e possibile a tutti. Ma, secondo Afrodite la bellezza non può stare negli occhi di chi guarda, la bellezza è essenzialmente trascendente e Psiche, per la sua, si è macchiata di una grave colpa metafisica.

Afrodite sente che è stata commessa un’ingiustizia, è superata dalla bellezza di Psiche, da un eccesso di hybris, tracotanza, mancanza di limite, il peggiore dei peccati. A mancata Giustizia segue Punizione e la Grande Dea punisce attraverso le pene terribili e mostruose dell’amore.

Giustizia e Bellezza sono affini. Nemesi, la dea della punizione e del castigo il cui nome indica appunto una sorta di giusta ira, ci insegna che una spaventosa forma di giustizia nasce in intima unione con la bellezza, e compare sotto forma di furia retributiva. Infatti, originariamente Nemesi distribuiva gioia o dolore secondo il giusto, secondo compensazione, punendo chi peccava di presunzione.

Esiodo nella Teogonia coglie la combinazione tra Bellezza e Giustizia raccontando che le prime a salutare Afrodite sono state le figlie di Temi, le Horae, incarnazioni e differenziazioni dell’ordine universale. Temi, l’irremovibile, rappresenta la personificazione dell’ordine della giustizia e del diritto. Le Ore, Eunomia (legalità), Dike (giustizia) e Irene (pace), in quanto sue figlie, assicuravano il rispetto delle leggi morali. Queste tre figure ornano Venere alla nascita rendendola ancora più splendente, arricchendola dei loro attributi, di una giustezza deliziosa.

Le Ore, Nemesi, Temi circondano Afrodite complicando la sua immagine, rendendola confusa. Senza di Loro Venere resterebbe la dea del superficiale, l’immagine della “velina” che oggi incontriamo in televisione. Il Razionalismo ha dissezionato in categorie distinte Amore, Bellezza, Desiderio e Giustizia. Oggi ci crea confusione pensarle unite. In fondo, non è forse la confusione il primo segno della presenza di Afrodite? …una dolce confusione dei sensi, la confusione tra impeto e trepidazione, tra alti ideali e bassi espedienti.

Forse abbiamo difficilmente compreso la vendetta di Afrodite nei confronti di Psiche, ma la Favola di Apuleio ci indica un’altra grande differenza tra loro.

Afrodite affida a Psiche un cofanetto ordinandole di scendere agli inferi per riempirlo con l’unguento della bellezza di Persefone, regina del Regno dei Morti, la sola bellezza che la Grande Signora non possiede, quella della morte e del sogno. La consegna del compito è chiara: non dovrà mai aprire il cofanetto. Psiche trasgredisce per curiositas. Aprendo il cofanetto scopre la bellezza infera e cade nel profondo sonno, un sonno che riuscirà a dissipare solo Amore.

Nella storia Psiche è sempre sull’orlo di un collasso, tradita, debole, inetta, vulnerabile di morte.

Ma la grande forza di Psiche è la sua sottomissione. La mortale Psiche ha accesso là dove gli dei non possono, il mondo infero e il sogno. Ogni notte la psiche umana lascia la luminosa, solida e carnosa Afrodite nel mondo diurno per andare là dove diventa pura immagine, eidola.

Dunque ciò che la Psiche umana porta alla bellezza è la mortalità.

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